giovedì 30 agosto 2012

MONOLOGO POETICO — “Il Giuramento della Luce”




MONOLOGO POETICO — “Il Giuramento della Luce” Non c’è tempesta più grande di quella che nasce silenziosa nel cuore quando si volta le spalle al proprio destino. Non urla, non abbatte alberi, ma rode piano, sbriciola le fondamenta della volontà, trasforma il giorno in nebbia e la voce in eco vuota. Per questo, anche se il sentiero brucia, cammina. Anche se la strada sembra fatta di spine e assenza, anche se ogni passo è un’offerta sul fuoco, cammina. Perché ogni passo che resta fedele al sogno, anche quando il sogno tace, è un frammento d’eternità incastonato nella carne del tempo. Cammina, anche quando la notte ti ingoia intera e il mondo non risponde più al tuo respiro. Cammina quando il silenzio pesa più del ferro e il futuro sembra un muro senz’ombre. Perché chi tradisce la propria luce per paura del buio, non trova mai più il cammino del ritorno. Si condanna a vivere una vita che gli somiglia, ma non gli appartiene. I sogni veri non muoiono. Non svaniscono, non si dissolvono: si ritirano. Come maree antiche, si nascondono nelle profondità e attendono. Aspettano il suono del tuo passo, il tremore della tua mano che torna a cercarli, il sussurro del coraggio che ancora osa pronunciare il loro nome. E torneranno. Testardi, fieri, infiniti. Bussando alle rovine del tuo coraggio. E guai a farsi trovare spenti. Ogni anima — ogni singola anima — porta in sé un giuramento mai pronunciato. Un voto sacro inciso nel sangue, quando ancora il tempo non aveva forma. Una vetta invisibile che chiama senza nome e arde senza voce. E tu la senti. Sì, la senti. Nei sogni che non ti lasciano in pace, nelle nostalgie che non hanno luogo, nelle lacrime che scendono senza motivo. Non importa se non conosci il nome del monte. Non importa se tremi. Quando deciderai di salire, quando poserai il piede sul primo sasso della tua verità, il cielo stesso — alto, antico, testimone delle ere — si curverà in ascolto. Perché non c’è nulla di più sacro di un essere umano che decide, finalmente, di essere sé stesso fino in fondo. Perché verrà il giorno in cui il tempo si volterà a guardarti. Non per giudicare, ma per inchinarsi. Verrà l’istante in cui capirai che ogni ferita era una porta, ogni caduta un battesimo, ogni attesa un oracolo travestito da silenzio. E allora, solo allora, non chiederai più se ce l’hai fatta, ma se sei stato fedele alla voce che ti ha chiamato nel vuoto. Non chiederai vittorie, ma se hai osato restare acceso anche quando la notte voleva inghiottire tutto. Perché il senso non è salire in cima, ma diventare il fuoco che illumina il sentiero. Sii tu la fiamma che non cede, la parola che resiste, il sogno che non arretra. E anche se nessuno dovesse mai vedere la tua luce, tu brucia lo stesso. Perché la tua vita è un altare, e il tuo coraggio è l’unica offerta che il destino riconosce come sacra. E quando l’ultimo passo sarà compiuto, quando il tuo nome cadrà nell’oblio degli uomini, che almeno resti questa traccia incisa nelle stelle: “Qui camminò qualcuno che non disdisse mai l’appuntamento con la propria anima.” Di Raffaella Frese

Nessun commento: